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Ieri sono andato a volare con Giovanni a Praticino, sopra Pian di Scò.
La giornata sembrava interessante, c’era pochissimo vento meteo e l’aria era mediamente instabile, c’erano tutte le premesse per fare un bel voletto e così siamo decollati, insieme anche a Paolino.
Subito agganciamo delle termichette deboli e un po’ mosse davanti al decollo, facciamo un po’ di quota e ci dirigiamo dietro, verso il Pratomagno.
Paolino va avanti alto, mentre io e Gio perdiamo un po’ di quota in una discendenza e raggiungiamo insieme un crinaletto laterale dove speriamo di trovare termica; Io provo a destra e trovo una bella termica che mi porta su, mentre Gio va a sinistra e non trova niente, lo vedo mentre giro che torna verso il decollo per rifare quota là.

Arrivo intono ai 1700m di quota e di colpo l’aria diventa molto turbolenta; col senno di poi credo che fosse la confluenza delle varie brezze termiche delle vallate sottostanti che in assenza di vento meteo si facevano sentire ognuna dalla sua direzione.
Nel giro di un attimo prendo una bella chiusura asimmetrica, la vela si riapre e scatta avanti e me la trovo alla mia stessa altezza con tutti i cordini lenti, ne segue una pendolata molto energica dalla quale la vela esce pesantemente incravattata.
Con circa il 40% della vela aperta, il resto annodato in mezzo ai cordini, l’energia della pendolata innesca una vite positiva e nel giro di pochi di giri sento la forza centrifuga aumentare velocemente, mi rendo conto che, nonostante i miei tentativi, la cravatta non si sarebbe sciolta e tiro l’emergenza.

Manovra azzeccatissima, da quando s’è aperto il paracadute a quando sono infilato nel bosco saranno passati si e no otto secondi, quindi l’ho lanciato giusto in tempo!

Appena sceso nelle fronde degli alberi mi sono aggrappato ad un ramo che mi passava accanto, la caduta si è arrestata morbidamente in pochi istanti e mi sono trovato appeso a circa una decina di metri da terra ad un ramo. Che scricchiolava sinistramente!

Non fidandomi degli scricchiolii del ramo, mi sono spinto piano piano con i piedi finchè non sono riuscito ad afferrare un altro ramo dall’aria più solida, giunto sul quale ho deciso di abbandonare l’imbracatura e tentare la discesa.
Ho fatto i bagagli, radunando nel cockpit tutto quello che ho ritenuto potesse tornarmi utile e buttando di sotto quello che non mi serviva ma mi avrebbe potuto fare comodo dopo, sono uscito dalla sella ed ho cominciato a scendere.
Dopo pochi metri sono arrivato alla biforcazione più bassa della pianta, sotto la quale c’erano sei metri di tronco enorme e liscio, il mio pensiero è stato: “dopo essere precipitati da 1700 metri ed esserne usciti illesi, è da imbecilli rischiare di rompersi il collo negli ultmi 6…”; mi sono messo comodo ed ho composto il 118 🙂

Dal centralino del 118, dopo essersi accertati che stessi bene, mi hanno messo in contatto con i Vigili del Fuoco di Montevarchi, competenti per la zona, ai quali ho fornito le coordinate GPS e tutte le informazioni utili a trovarmi.
I Vigili del Fuoco hanno ritenuto opportuno far partire l’elicottero, nonostante li avessi ampiamente rassicurati sul fatto che mi trovavo in una posizione non comodissima, ma stabile e sicura.
L’elicottero è arrivato dopo circa tre quarti d’ora, ha fatto un po’ di giri sulla mia testa e poi ha depositato i due operatori nel punto atterrabile più vicino, ad un centinaio di metri di distanza. Con un po’ di fischi ho guidato gli operatori fino al mio albero, ho tirato su la corda col mio fidato rotolino di filo interdentale (50m di filo robusto in meno di un grammo di peso, non averne uno nella sella è un delitto!) ed in un batter d’occhio ero sano e salvo sul terreno!

Dopo pochi minuti è arrivata anche la squadra di Vigili del Fuoco partita via terra, e con loro siamo tornati fino all’elicottero, dove nel frattempo aera arrivato anche Giovanni.

Dopo aver salutato i Vigili del Fuoco, ho portato Giovanni a valutare il da farsi per togliere l’attrezzatura dal bosco, abbiamo chiamato Paolino che ci ha procurato corde e motosega e nel giro di poco (si fa per dire) abbiamo recuperato il tutto.

I danni riportati alla mia persona sono limitati ad una piccola sbucciatura sul pollice sinistro, mentre ci sono un paio di grossi strappi sulla vela e sul paracadute d’emergenza; il fascio dei cordini sembra non aver sofferto.

Che quando deve andar male, vada sempre così!

Guardando i lati positivi, ho scoperto di avere un ottimo comportamento nella gestione delle emergenze, ma soprattutto ho scoperto che il Popolo dei Volatori è composto di splendida gente: come si è saputa la notizia in giro sono piovute a decine le telefonate per sapere come stavo e se c’era bisogno di aiuto!

Un grazie enorme a tutti quanti, soprattutto a Paolino che ha procurato le corde e ovviamente al super Giovanni che si è fatto un culo come un paiolo per aiutarmi!

Ci vediamo presto in aria (appena sistemo l’attrezzatura)!

Sto costruendo un Sint Wind PI per il club Volo Libero Diecimo, oggi ho collegato i sensori per il vento ed ho piazzato il tutto in giardino per testarlo:

Il Sint Wind PI è una stazione anemometrica basata sul Raspberry PI e sviluppata da Tonino Tarsi, offre innumerevoli possibilità tra cui la connessione a webcam e macchine fotografiche, l’uso di svariati tipi di sensori (commerciali o autocostruiti, quelli nella foto sono degli economici PCE), l’upload dei dati su un server. Sul sito linkato sopra la documentazione è esaustiva.

Noi per ora ci accontentiamo del semplice risponditore telefonico che fornisce i dati in tempo reale, per il resto si vedrà.

Nello scorso fine settimana sono stato, insieme ad alcuni Bovi, a Caltrano a partecipare al terzo Stage Nazionale Aspiranti Fun, in breve SNAF, un’iniziativa organizzata da Damiano Zanocco per avvicinare i principianti al mondo delle gare di parapendio.

Diciamo pure che fosse una scusa per andare a fare una gita, la competizione non mi è mai interessata veramente, ma qualcosina sul mio punto di vista lo stage l’ha cambiato comunque: dall’esperienza dell’anno scorso a vedere il campionato italiano al Subasio, mi ero fatto l’idea che l’ambiente delle gare fosse aggressivo e pericoloso, mentre è in realtà l’opposto!
I piloti in gara (beh, la maggior parte almeno) si rispettano reciprocamente, e scrupolosamente rispettano le regole assegnate, per cui quello che visto da fuori sembra un enorme caotico sciame di parapendio, è in realtà un ordinato meccanismo di precisione, in cui i piloti sono sì molto vicini, ma ognuno sa esattamente cosa farà il vicino.
La presenza inoltre di un consulente meteo che valuti scrupolosamente la giornata, del canale radio ufficiale per le segnalazioni e del personale medico pronto ad intervenire in caso di necessità, rende la gara un momento più sicuro per volare di qualsiasi altro giorno ordinario.Per partecipare ad una competizione di questo tipo è necessario essere dotati di uno strumento di volo apposito, non basta un normale GPS, per cui io e Giovanni, con i nostri apparecchi da cercatori di funghi, abbiamo partecipato facendo un po’ di navigazione ZEN, cercando le boe ad occhio nel paesaggio sottostante. Io in un paio di occasioni ho anche aperto la cartina con le annotazioni, mi mancava solo il sestante! 😀

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Il posto è magnifico, le tre giornate sono state meteorologicamente discrete e comunque molto divertenti, i locali sono stati simpatici e disponibili, alla trattoria S. Antonio abbiamo mangiato bene e speso poco, e quando sulla strada del ritorno mi ha chiamato Zanocco per sapere se ci eravamo divertiti, mi sono sentito veramente coccolato! 🙂

Grazie ai Bovi per il fantastico week-end!

Una mia foto della scorsa gita a Monterosso, questa, è andata a finire su Facebook ed ha suscitato l’interesse di un gruppo di volatori che frequentano il posto.
Tale gruppo si è organizzato con mazze, picconi, paranchi, gruppo elettrogeno, mola, decespugliatori  ed infine anche un verricello, per fare un’operazione di “democrazia coatta cingolata dal basso”, deliberando che il decollo andava ripulito, e stamattina ci siamo trovati lì per mettere in pratica i buoni propositi.

Mi tocca ammettere, un po’ controvoglia, che anche Facebook può avere la sua utilità 😉

Queste le foto del decollo prima e dopo le operazioni (altre foto del durante le aggiungerò all’album quando mi arrivano):

PRIMA

DOPO

Ieri io ed alcuni Bovi siamo tornati a volare a Monterosso.


Secondo un’ordinanza comunale, l’atterraggio in spiaggia è proibito dal primo giorno di Giugno fino alla fine di Settembre, quindi questo era il primo fine settimana volabile della stagione, e le previsioni meteo non sembravano neanche male: ci aspettavamo di trovarci il mondo, invece c’eravamo solo noi!
Con buona probabilità la maggior parte della gente ha evitato di venirci a volare intimorita dallo stato in cui versa il decollo: l’amministrazione comunale ha disposto che lo spazio sottostante al praticino attrezzato dai club di volo locali, venisse utilizzato per depositare le macerie ed i detriti rimossi dal paese a seguito dell’inondazione dell’anno passato.
Secondo me, riportare a monte quello che era franato a valle, per rimetterselo in bilico sopra la testa, non è una delle migliori idee in assoluto, ma a parte questo c’è il fatto che i detriti non erano composti solo da terra e sassi, c’erano dentro anche un bel po’ di tubi, ferri ed altre porcherie.
La poca acqua che è venuta quest’estate è stata sufficiente a dilavare parte della terra, col risultato che sono rimaste tutte le porcherie bene in vista ed in attesa di franare in mare…

Un’immagine, specialmente se presa dal punto di vista privilegiato che offre il parapendio, vale più di cento parole:

Il volo è stato comunque divertente, ed il bagno in mare una favola, spero che il sindaco prenda provvedimenti per sistemare il decollo in modo che questo posto fantastico torni fruibile da tutti i volatori.

Nei giorni scorsi sono stato con Giovanni a volare a Poggio Bustone; la gita è stata organizzata un po’ in fretta e furia, quindi non abbiamo trovato nessun altro per accompagnarci, ma intanto abbiamo capito come funziona il posto e la prossima volta ci torneremo in forze.

L’organizzazione dei club a Poggio Bustone è eccezionale, c’è addirittura un bar con sedie a sdraio e piscina all’atterraggio, e ben due navette che fanno la spola col decollo ad un prezzo molto ragionevole.

Il decollo è molto ripido, con un vento fortemente influenzato dalle bolle di termica che si staccano dal pendio sottostante e quindi abbastanza allegro.
Per decollare bene è necessario che si verifichi almeno una delle seguenti condizioni:

  • vento leggero e condizioni deboli
  • vela molto docile e facile da gestire
  • ottimo controllo della vela a terra

Non disponendo di alcuna di queste, i tre voli che ho fatto li ho cominciati con tre belle capriole, nella prima delle quali ho coinvolto anche Giovanni, fortunatamente senza conseguenze.
Da parte sua, Giovanni non è che abbia fatto dei bellissimi decolli… in definitiva non abbiamo fatto una gran bella figura, meno male che i toscani sono sempre simpatici a tutti ed abbiamo mascherato bene la cosa 😛

In volo le termiche sono generose, anche se non sempre molto docili, ed offrono la possibilità di quote notevoli; noi abbiamo raggiunto circa i 2600 m, ma i locali ci hanno detto che non è raro sfiorare i 4000!

Non conoscendo il posto, ci siamo spostati poco lontano dall’atterraggio, ma ci siamo fatti l’idea che si possano fare delle girate interessanti.
Il volo più divertente è stato il pomeridiano di Sabato: siamo riusciti a decollare più o meno insieme ed abbiamo fatto tutto il volo in compagnia, girellando per i monti e la piana e concordando la rotta via radio. Alle 8 passate, con le luci di Poggio Bustone già accese, c’era ancora gente in volo!

L’unico problema che c’è stato è dovuto alla siccità, che ha reso il suolo del decollo polveroso e friabile, ed ora abbiamo polverose e terrose anche le vele, toccherà armarsi di spugna umida e pulirle, ma farsi quasi 50 m² di tessuto piano piano a mano è un bel lavoraccio…

La notte tra sabato e domenica l’ho passata, in compagnie di alcuni amici volatori, sulla vetta del monte Sumbra, con l’intenzione di scendere in volo la domenica mattina.

La squadra era composta da: Marco il Presidente, Roberta, Gabriele, Moreno ed ovviamente me.

La salita non è stata facilissima, 350 metri di dislivello da salire con circa 22 Kg di zaino sulle spalle (l’attrezzatura da volo più quella da bivacco), ma in circa un’ora e mezza ce l’abbiamo fatta.
Non soddisfatti, dopo aver piantato le tende siamo tornati giù al primo bosco raggiungibile a raccogliere un po’ di legna da ardere, con la quale ci siamo scaldati due volte.

La notte l’abbiamo passata guardando le stelle (cadenti e non, soprattutto Vega) e bevendo thè freddo (di marca Glen Grant), poi ci siamo rifugiati nell’accampamento che avevamo allestito: Marco e Moreno nelle rispettive due tende, io Gabriele e Roberta nella cuccia del cane (chihuahua) di quest’ultima, dove siamo riusciti ad entrare solo grazie all’aiuto dei fumi dell’alcol.

La mattina mi sono partorito fuori dalla tenda giusto in tempo per vedere l’alba, mentre per svegliare gli altri io e Marco abbiamo pensato bene di aspettare un’ora troppo tarda per l’alba ma ancora abbastanza presto per rompere le scatole 😀

Verso le 10 sono arrivati anche Massimone (il padre di Gabriele) e Mosè, venuti appositamente per fare il volo.
Purtroppo era già entrata un po’ di brezza di mare, quindi per il decollo ufficiale c’era un leggero vento da dietro, intervallato da deboli sbuffi di termica.
La mia idea di decollare sul versante ovest e poi girare subito intorno alla vetta e rientrare nella vallata di Vagli è stata cassata subito come “troppo ardimentosa e pericolosa”, quindi ci siamo adattati a decollare fronte pendio prima che il cielo si velasse troppo e le bolle davanti venissero sopraffatte dalla brezza da dietro. Risultato: planatona; bella e suggestiva, ma pur sempre planata.
Circa mezz’ora dopo che eravamo atterrati, il cielo si è aperto ed hanno cominciato a formarsi dei bei cumulotti sopra alle vette…

Dopo aver pranzato al ristorante a Vagli ed aver recuperato Mosè che si era perso nel bosco (e meno male che doveva guidare il popolo di là dal mar Rosso…) abbiamo cominciato a  rincasare, ma passando da Marlia ho visto in aria la vela di Maurizio e mi sono fermato ad aspettarlo in atterraggio.
In terra a piegare le vele c’erano altri Bovi ed anche Bracino, da cui ho appreso che la mia idea di decollo dal Sumbra è in realtà lo standard, a meno che non ci sia vento meteo da Nord-Est!

Vabbè, la prossima volta lo so ed aspetterò che maturino le condizioni senza farmi spaventare dalla brezza di mare “da dietro”; ormai stavolta è andata così, ma ci siamo divertiti lo stesso!

Ieri a Massanera ci è inaspettatamente scappato un gran bel volo!

La giornata sembrava una di quelle in cui si sta tutto il giorno in decollo e poi si torna giù in macchina, ed infatti per molti è stata proprio così. Paolino è decollato per primo, abbastanza presto, ma ha fatto un buco clamoroso e non è neanche arrivato all’atterraggio ufficiale; io, Giovanni e Marco eravamo già imbracati e con la vela pronta, ma se un manico come lo Zanaboni aveva bucato, che speranze potevamo avere noi? Abbiamo rimesso le vele all’ombra e ricominciato il parlapendio.

Dopo un paio d’ore, durante le quali il vento era aumentato ma aveva cominciato a fare delle pause abbastanza lunghe, approfittando della momentanea assenza del Bovaro (il sottoscritto, quando ha in testa il cappello d’ordinanza), il Bove Giovanni è scappato in aria, andandosi un po’ ad infognare nella vallata a destra del decollo ma dimostrando che comunque si poteva decollare.

il Bovaro col cappello d’ordinanza

Io e Marco ci siamo scambiati un cenno ed alla pausa successiva del vento eravamo in volo: botte da orbi vicino al pendio, ventate improvvise che ti bloccavano l’avanzamento sparandoti 30 metri in alto ed a tratti si sentiva chiaramente la vela fremere preannunciando una chiusura. Un quarto d’ora di questa danza e decido di partire verso l’atterraggio, transitando prima sotto un bel cumulo: o aggancio lì, o fine del volo! Mi accorgo che Marco, un centinaio di metri alla mia destra, ha fatto la stessa scelta e quindi procediamo paralleli; lui ha un po’ più di fortuna e perde un po’ meno quota, ma non troviamo niente finchè non abbiamo quasi il culo per terra, a quel  punto sopra l’abitato di Reggello agganciamo una termica inizialmente deboluccia, ma dopo solo un paio di giri spettacolare, che ci ha riportato con valori anche di +5 m/s da meno di 600m dove eravamo, fino in base cumulo a 2350m! Mi è stato raccontato successivamente che Paolino, tornato in decollo, saltellava eccitatissimo facendo il tifo per noi esclamando “Incredibile, incredibile! Bravi ragazzi!” 🙂

Una volta raggiunta quella quota, dovevamo pur farci qualcosa, no? Non si sprecano i Doni Celesti! Marco mi grida “vieni dietro a me” e partiamo verso Sud, appesi alla strada di cumuli e con velocità che superavano anche i 60 km/h.
Con quelle velocità era scontato che non saremmo potuti mai tornare indietro controvento, ma questo mi ha fatto un effetto stranamente rilassante: abbiamo eliminato il problema di tornare all’atterraggio, adesso pensiamo a volare, poi si vedrà come fare.

Passato il Pratomagno ci siamo trovati un po’ scarrocciati dietro al crinale, e mentre io ero ancora abbastanza alto per tornare davanti, Marco è rimasto intrappolato in una vallata stretta e boscosa dove, dopo una decina di minuti, l’ho infine perso di vista.

Con un po’ di fatica ho scavalcato il crinale ed ho percorso una valle in leggero sottovento fino ad arrivare a San Giustino Valdarno; sul tragitto ho ignorato una termica abbastanza robusta, ma non sapendo che fine avesse fatto Marco ed essendo stato l’ultimo a vederlo, la mia priorità era andare a terra ed informarmi sul suo stato.

Per atterrare ho dovuto per forza scegliere un campetto in sottovento; quando sono arrivato a 10 metri da terra le piante agli estremi del campo erano piegate dal vento in direzioni opposte, ho preso una bella sciaguattata e sono atterrato abbastanza duramente sul sedere, ma niente di preoccupante. Ho subito preso il telefono per chiamare gli altri del gruppo, ma mi sono accorto con orrore che la batteria era quasi a zero! L’ho messo in standby per risparmiare più possibile energia, ho rifatto la vela e mi sono diretto al bar più vicino, giusto dietro l’angolo.

I ragazzi del locale il Bello Il Buono Il Cattivo, nonostante si siano visti avvicinare da uno strano personaggio con un cappello da bovaro ed uno zaino più grande di lui che chiedeva “scusate, dove siamo?”, invece di chiamare la neuro si sono fatti in quattro per aiutarmi: hanno provato a trovarmi un caricabatterie per il telefono, mi hanno fornito carta e penna per tirare giù i numeri dal mio ed infine mi hanno prestato un loro telefono per chiamare Giovanni.

Per fortuna Marco ce l’aveva fatta ad atterrare sano e salvo a Talla, ed aveva anche trovato un passaggio per venire proprio a San Giustino dove ero io, quindi ho potuto rilassarmi, raccontare il volo ai ragazzi del locale ed aspettare il recupero.

Come primo volo di cross country è stato senz’altro una bella avventura!

Un ringraziamento a Giovanni ed Andrea per il recupero, a Marco per la compagnia in volo, a Paolino ed agli Uccellacci per il tifo e la compagnia in decollo, ai ragazzi del locale per la disponibilità ed a Giancarlo per aver fatto, dal Trentino, da ponte radio per avvertire la Cri che ero sano e salvo, seppure in ritardo per la cena 😛

Qui le tracce sovrapposte mia e di Marco.

…ma qualcuno non aveva detto che le basi erano a 800 metri?

Nello scorso fine settimana ho fatto un paio di voletti niente male 🙂

Il primo, Sabato: decollo al solito dall’altopiano delle Pizzorne, giornata di termiche blu larghe e gentili ma comunque robuste. Faccio quota sopra al decollo e raggiungo i 1500 m sopra l’Angelo, poi visto che c’era in programma la grigliata serale a Diecimo, vado direttamente lì in volo, concedendomi anche alcune ravanate sul monte Bargilio ed un paio di escursioni verso la Val d’Ottavo che però non sono riuscito a raggiungere.

 

Il secondo, Domenica: Con Giovanni, Giancarlo e Marco siamo andati finalmente a volare nel Valdarno, dal decollo di Praticino.
La giornata prometteva abbastanza bene, nonostante un po’ di vento da ovest, ma poi si è rivelata essere superiore alle aspettative!
Decollo insieme a Giancarlo e giriamo insieme la prima termica, poi ci spostiamo indietro verso il crinale principale, dove un’altra termica ci porta ben oltre i 2000 m. Perdo di vista Giancarlo e mi inoltro sul Pratomagno, il cielo è una strada di cumuli per niente minacciosi ed oscillo tra i 1900 ed i 2600 metri di quota.
Trovandomi tutto solo sul Pratomagno, valuto di tornare indietro e risalire verso nord, dove vedevo numerose altre vele in base cumulo, e ritrovo Marco in una bella termicona sopra le pale eoliche di Reggello.
Purtroppo a quel punto il GPS mi ha mollato, quindi la traccia è interrotta circa a metà volo, ma mi sono inoltrato un pezzetto nel Casentino e poi sono andato ancora a nord oltre Reggello, per infine tornare con un bel traverso sulla piana all’atterraggio di Gravanella.
Un ringraziamento ai simpaticissimi Uccellacci locali per l’ospitalità e le dritte sul volo 🙂

A volte un colpetto di freno per correggere l’assetto della vela può essere sufficiente a trovarsi in aria, se il vento è sostenuto.
Mi è successo giusto ieri, per uscire dal twist ho dovuto far leva con le mani sulle bretelle:

Grazie a Gianca per la ripresa 😉